nelle fotografie di Gaetano Paraggio e Pio Peruzzini

Gaetano Paraggio e Pio Peruzzini, sono vecchi amici, compagni di viaggio, fotografi per passione con molte affinità ma forse ancor più differenze. Due linguaggi diversi eppure in continuo dialogo che si completano restituendoci un insieme armonico ed equilibrato. E non poteva essere diversamente viste le atmosfere magiche di questa terra percorsa, e anche sognata, mille volte, la cui drammatica, desolante bellezza è una malia che non ti lascia andare via facilmente. Visti da lontano i paesi del materano appaiono come castelli di sabbia arroccati su antichi fondali marini prossimi a sfarinarsi. A Irsina la fotografia di Paraggio celebra il silenzio. Lassoluto primato del luogo e lapparente assenza di vita sono gli elementi principali su cui Gaetano conduce la sua indagine per immagini. Esterni silenti, mura sbiancate da un sole abbacinante che schiarisce le ombre e le contiene fin quasi ad azzerarle. Atmosfere anestetizzate che rimandano a certi pomeriggi assolati fatti di tempi lunghi e lenti, torpore e gesti misurati. La vita che si consuma nella penombra delle case dietro velari improvvisati e porte chiuse. Un chiarore diffuso che si contrappone al bianco e nero di Peruzzini che, se pur discreto e avvolgente, ritaglia le cose e le persone con maggiore incidenza. Gli scatti di Peruzzini sembrano tesi a cercare un compromesso fra il dentro e il fuori, fra il luogo e la vita che ospita. Locchio, di tanto in tanto, si sofferma a giocare tra quinte architettoniche e su geometrie essenziali, altre volte si libera a spaziare su campi lunghi che sono frammenti dilatati di un paesaggio primitivo e sublime. Sulle morbide dune dei calanchi, la luce non trova ostacoli, solo poche ombre sfumate che si perdono in una miriade di grigi polverosi e spenti su cui echeggia il richiamo stridulo del nibbio.Antonio Baglivo